Per capire chi siamo non possiamo non conoscere le nostre origini, è per questo che la Sezione di Ancona ha voluto inaugurare una nuova rubrica andando a parlare con i suoi Benemeriti over 60. Per conoscere un po’ di storia ma soprattutto per trarre insegnamento dai grandi saggi che possono arricchire la formazione dei nuovi e giovani arbitri.
Il primo ad intervenire non poteva che essere Pietro Baldini, primo segretario CRA in Italia, 51 anni di tessera, impegnato più volte in Sezione come revisore dei conti e addetto alla preparazione atletica.
Ciao Pietro, come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Ero alle scuole superiori, al geometri, e mi si è presentata la possibilità di fare il corso arbitri. Lo slogan era: “Vieni a fare l’arbitro, un modo diverso di fare sport”. Mi sono incuriosito. Io facevo atletica dall’età di 8 anni, sono andato a parlare con Raffaele Fogliardi, oggi Arbitro Benemerito di Ancona e mi ha subito detto che sarebbe stata cosa buona iscrivermi, così a 15 anni mi sono iscritto al corso arbitri. Tra i miei formatori c’è stato Fabio Monti, arbitro internazionale, a cui è intitolata la Sezione di Ancona.
Com’è cambiato nel tempo l’essere arbitro?
Sono cambiate alcune cose, dopo aver superato il corso arbitri la divisa non mi è stata data in sezione. Mi è stato detto di comprare una tuta scura e di assicurarmi che avesse un taschino dove mettere taccuino e cartellini. Successivamente, grazie ai rimborsi delle gare arbitrate sono andato dal sarto.
È cambiato l’arrivo al campo. La disposizione era quella di parcheggiare l’auto a circa un chilometro dall’impianto di gioco. Io ho iniziato molto giovane ed i primi tempi mi accompagnava mio padre. Poi, dopo che ho preso la patente, ho iniziato ad andare da solo. Non avendo il navigatore, i giorni precedenti alla trasferta mi studiavo la cartina. A quel tempo poi, non avendo i cellulari, terminata la gara mi fermavo lungo il tragitto per telefonare ed avvisare a casa che stavo tornando.
È cambiato il modo di vivere la sezione. Non c’era Sinfonia, le designazioni arrivavano per posta e si doveva spedire il cedolino di accettazione della gara, il referto andava consegnato per posta.
Avendo la fortuna di abitare vicino alla sezione andavo spesso di persona per poter poi scambiare due parole con gli altri associati.
I rimborsi si prendevano in sezione. Non si aspettava il bonifico, ma in sezione il segretario teneva conto delle partite arbitrate e poi ci dava i soldi.
Senti che essere un arbitro ti abbia dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Quando sono entrato a far parte della famiglia AIA, Aldo Nicolini diceva sempre: “Vi ricordo che arbitri non si è solo in campo, ma anche nella vita. L’arbitro lo vedete da come cammina, da come si veste. Quello che cammina in giro distinto, state sicuri che è un arbitro!”.
Un giorno passeggiavo in centro per Ancona, ho notato un signore distinto che passava ed un viso già visto, mi sono avvicinato a lui ed ho scoperto che ci eravamo visti ad una RTO, in quanto quel distinto signore era un arbitro.
Lo stesso Nicolini, dopo un brutto voto rimediato a scuola, mi ha chiamato a sé: “Arbitri lo si è anche a scuola, un arbitro che non studia non può essere un buon arbitro. Ricordati si è sempre arbitri!”.
Ai tempi della scuola, quando dovevo studiare non rimanevo a casa, andavo in sezione, anche perché se avevo bisogno di un aiuto sapevo che lì c’era qualcuno capace e disposto a darmi una mano.
La mia tesi di laurea è stata battuta a macchina dal mio amico e collega Renato Bonetti!
La sezione è stata la mia seconda famiglia, alle volte è stata addirittura la prima, nei momenti di difficoltà mi hanno dato forza e mi hanno fatto sentire la loro vicinanza.
Non so quante persone ho conosciuto in più di 50 anni che sono associato, ma le persone più pulite, sincere, oneste, brave, che si davano da fare, persone che in altri ambiti come il lavoro non ho incontrato, i veri Signori, li ho conosciuti nell’AIA.
Tanto è vero che una persona che considero come un fratello è un arbitro.
Un consiglio per i nostri arbitri?
Frequentare la Sezione. Secondo me essere un arbitro è come uno studente che deve fare il tema d’italiano alla maturità.
Se durante l’anno non ti sei esercitato, non sei preparato e difficilmente riuscirai bene.
Da osservatore ritengo che per giudicare un arbitro devo conoscere il regolamento, frequentare la sezione e vedere i video. Lo stesso l’arbitro, si deve allenare al campo e deve partecipare ai momenti di formazione per saper riconoscere le varie fattispecie sul terreno di gioco.
La parola chiave è divertirsi, non avere grandi mire, perché con il lavoro i risultati arrivano da soli.
Dall’alto della tua esperienza, consiglieresti ad un giovane di iniziare il corso arbitri?
È un’attività splendida, una delle migliori che ci sia, perché conosci persone.
Fai sport, ti alleni, ti formi come persona, come carattere, incontri persone, impari a comportarti, ti cambia la mentalità, acquisisci maggiore autocontrollo.
Mi ha proprio segnato positivamente.
Matteo Varagona