Il benemerito di oggi ha 46 anni di tessera, sul campo è arrivato fino alla serie D, a livello associativo si è speso tanto ricoprendo diversi incarichi a livello sezionale tra cui quello di Presidente di Sezione.
A livello regionale è stato componente CRA.
Ha ricevuto il premio Fabio Monti nel 2004.
Come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Avevo un gruppo di amici che avevano fatto il corso l’anno prima di me.
Mi aveva incuriosito e così a 16 anni (allora era l’età minima per poter iniziare ndr) sono andato a fare il corso.
Com’è cambiato il calcio da quando hai iniziato?
Era bellissimo, nonostante gli impianti fossero fatiscenti, specie se li compariamo a quelli odierni, e i terreni di gioco li trovavi spesso in terra, mentre oggi sono quasi tutti in sintetico.
A livello di società c’era una base dilettantistica forte, erano pochi i calciatori che venivano pagati ed erano dei top player per la categoria.
I dirigenti erano dei veri e propri factotum. Oggi invece c’è una maggiore specializzazione, c’è un dirigente che svolge solo la funzione di massaggiatore, medico…
Una gara che ti ricordi più di altre?
Sono stato per 4 anni negli scambi e 4 in serie D, ci sono state molte partite impegnative ma non ho mai vissuto brutti episodi.
L’ultima partita in serie D sapevo che sarebbe stata l’ultima, era uno spareggio, la perdente sarebbe retrocessa. Al termine della gara, la squadra che ha perso mi ha salutato dicendomi: “Ci dispiace retrocedere, l’anno prossimo non ti possiamo più avere”.
Un aneddoto che vuoi raccontare?
Al termine di una gara molto tesa, i Carabinieri mi consigliarono di prendere una strada secondaria.
Era freddo e c’era la neve, mentalmente ero stanco perché in campo avevo tenuto la concentrazione al massimo per tutta la durata della gara… ho cappottato con la macchina ma fortunatamente ne sono uscito indenne.
L’arbitro più forte che hai incontrato?
L’arbitro più forte è un ragazzo che però non è arrivato da nessuna parte, Silvano Pucci, salì con me agli scambi ma poi diede le dimissioni.
Riusciva a fare le cose con straordinaria naturalezza, era fortissimo atleticamente ed aveva una grande personalità, era un arbitro nato.
Andai a vedere una sua partita per cercare di trarre degli spunti. Faceva cose che io non mi sarei mai sognato di fare… è un peccato che abbia smesso.
Com’è cambiata la formazione dell’arbitro rispetto a quando tu eri arbitro e quando eri al CRA?
Oggi ci sono degli strumenti avanzati, ai miei tempi non c’erano i video, né quelli delle grandi manifestazioni validati dal Settore Tecnico, né quelli dei campionati regionali. Anche le occasioni di incontro erano inferiori rispetto a quelle delle ultime stagioni.
Hai svolto tante attività all’interno della sezione, cosa ti ha spinto a metterti così in gioco?
Sono diventato Presidente di Sezione a 40 anni, avevo smesso di arbitrare da 10, non avevo alcuna ambizione di carriera. Mi sono messo al servizio dell’Associazione che negli anni mi aveva dato tanto e volevo restituire qualcosa.
A quel tempo il Presidente di Sezione veniva nominato e quando Gilberto Sacchi mi ha chiesto di fare il Presidente gli ho detto di sì. Sapere di essere ritenuto un valido elemento per ricoprire quel ruolo è stato per me un grande onore, penso sia stato il momento più emozionante della mia carriera.
Per alcuni la sezione diventa una seconda famiglia, tu forse sei uno degli innovatori che ha portato la famiglia in sezione?
La sezione di Ancona è sempre stata aperta alle famiglie. Negli anni 60 si organizzavano le crociere, ai raduni si veniva accompagnati.
Mia figlia Beatrice ha seguito tante volte la nostra banda e l’altra figlia, Arianna, ha recitato nella commedia organizzata dalla sezione “L’elogio del fuorigioco”, a cui hanno preso parte anche i familiari di altri associati.
Se sono rimasto per 46 anni all’interno dell’Associazione è perché sono entrato subito nel gruppo dirigente della sezione, sono innamorato della vita sezionale.
Una volta terminati gli stimoli tecnici in molti abbandonano, invece se ci sono delle amicizie è normale rimanere legati anche dinanzi alle delusioni tecniche.
Anni fa la sezione era aperta quasi tutti i giorni e lì nascevano amicizie, si stava insieme, per tanti era una seconda famiglia, per alcuni è stata addirittura la prima.
Com’è essere un Presidente di Sezione?
È bellissimo perché conosci tutti i tuoi associati. Tanti ragazzi venivano da me a confessarsi anche per problemi familiari.
Purtroppo alle volte è anche doloroso. Nel mio ultimo anno di presidenza sono morti Fabio Monti e Roberto Criminesi, quest’ultimo in un incidente stradale venendo a riunione la sera.
È una cosa a cui penso, perché è morto giovanissimo, mi ha segnato profondamente.
È un’esperienza bella che auguro a tutti di poter vivere, è molto intensa.
Come ogni padre di famiglia gioisci dei risultati positivi dei tuoi ragazzi e sei triste se qualcosa non va.
Che effetto fa ricevere il premio Fabio Monti?
Il premio Monti è nato con me, io ho deciso di dedicargli il premio a livello regionale.
Dopo qualche anno l’ho preso anche io ed è per me motivo di grande orgoglio.
Senti che essere un arbitro ti ha dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Il fatto di decidere in mezzo al campo dinanzi a 40 tra calciatori e dirigenti e 100 spettatori ti porta ad una maturità che tanti altri non hanno.
Dal punto di vista lavorativo, quando il datore di lavoro sapeva che ero un arbitro ne rimaneva impressionato.
A livello nazionale impari ad organizzarti trasferte, vedi posti nuovi, conosci gente, è una crescita personale importante.
Un consiglio per i nostri arbitri?
Impegnarsi sempre, dare sempre il massimo, allenandosi, studiando il regolamento.
Nei primi anni ’80 eravamo circa 6-7 ragazzi tra gli scambi e la serie D, ma il nostro era un gruppo affiatato, non c’era invidia, si dava il meglio per riuscire più dell’amico.
Andare sempre concentrati alle partite, non mollare mai nonostante le difficoltà. Crederci sempre, cercare sempre di fare bella figura rispettando tutte le persone con cui vieni a contatto.
A distanza di anni incontro persone che ancora si ricordano di me e mi chiamano Sig. Arbitro.
Matteo Varagona