È lui il secondo Arbitro Benemerito intervistato per la rubrica “la Sezione siamo noi”.
Ciao Vittorio, come prima cosa volevamo sapere come ti sei avvicinato all’arbitraggio?
Lo volevo fare già a 17 anni, avevo visto i manifesti della sezione di Macerata: sono di Montefano.
Era il 1972 e prima di essere ammessi al corso si dovevano effettuare le visite mediche e mi hanno trovato una piccola tachicardia e mi hanno consigliato di non fare il corso.
L’idea di iniziare la carriera di arbitro mi è però rimasta e nel 1979 ho visto i manifesti della sezione di Ancona che pubblicizzavano il corso arbitri. Alla visita medica mi hanno detto che andava tutto bene e così sono entrato, a 25 anni, nella famiglia AIA.
Giocavo a pallone e mi sono avvicinato all’arbitraggio per rimanere nel mondo dello sport, per me era molto importante. Ho smesso nel 1994 per rottura del menisco del ginocchio sinistro.
Com’è cambiato nel tempo l’essere arbitro?
Sono cambiate tante cose: prima di tutto è cambiata la società che circonda il calcio e di conseguenza anche la sezione è cambiata.
Oggi si fa tutto col PC e temo sia andata perduta una parte del rapporto dirigente-base. Un dirigente deve avere familiarità con la base. Un ragazzo oltre ad arbitrare bene deve avere qualcuno con cui parlare e poter tirare fuori le problematiche.
Quando io ero Organo Tecnico era capitato che alcuni ragazzi rischiassero di non poter andare alla partita perché i genitori non potevano accompagnarli al campo… io e gli altri Organi Tecnici abbiamo accompagnato questi ragazzi al campo per permettere loro di arbitrare.
Si collaborava con tranquillità, era come stare in famiglia: Marcello Esposito, (oggi Arbitro Benemerito) quando era presidente di sezione, si portava sempre dietro sua figlia Beatrice, che per 4 anni era sempre qui con noi.
Oggi mi sembra che manchi un po’ l’affiatamento.
Oggi, purtroppo, se chiedi ai ragazzi chi era Fabio Monti non lo sanno.
Che cos’era il premio Fabio Monti?
È nato da un’idea di Carlo Ridolfi, Daniele Meles e Fabio Serpilli. Io ero solo un addetto ai campi.
Ogni anno era un crescendo, siamo partiti con un torneo tra le sezioni marchigiane, siamo arrivati al punto che volevano partecipare talmente tante sezioni che abbiamo dovuto dire di no.
Si era creata una grande famiglia, sono nate amicizie.
A cena eravamo oltre 1200 persone.
Senti che essere un arbitro ti ha dato qualcosa in più nella vita quotidiana?
Come prima cosa il rispetto delle persone. In campo devi rispettare gli altri, non conosci la loro storia e vanno rispettati anche quando sono intransigenti. Devi essere sempre tranquillo e sorridente, devi trasmettere serenità, così hai fatto il 50% della gara.
L’arbitraggio mi ha aiutato nei momenti tristi perché ho trovato la famiglia, mi hanno dato conforto. Ho trovato persone che mi hanno voluto bene, in particolare Marcello Esposito, che mi ha accompagnato alla prima gara, e Giorgio Russo che è stato il mio mentore.
I saggi mi davano consigli per superare quei momenti che anche loro avevano vissuto.
L’arbitraggio ti cambia la vita, ti fa capire cose che non pensavi prima, il rapporto con gli altri.
Un consiglio per i nostri arbitri?
Arbitrare e divertirsi. Le cose si fanno con le proprie forze, non vi aspettate aiuti, vi dovete divertire e il campo dirà se un ragazzo è bravo.
L’Arbitro deve credere in quello che va a fare.
Un ragazzo ci deve credere fino in fondo, perché le gioie arrivano e in ogni caso non si possono incolpare gli altri per i propri errori.
Se ci sono problemi bisogna parlare con gli Organi Tecnici, loro ti aiutano a superare i problemi del momento.
Altro consiglio è l’atteggiamento che si tiene, deve essere consono alla divisa che indossi.
Il ragazzo che va ad arbitrare una partita rappresenta tutti gli associati non se stesso.
Il comportamento che tieni si ripercuote su tutti.
Bisogna divertirsi come se fosse la prima gara. Io ancora mi ricordo che preparavo il borsone, passavo il grasso di foca sulle scarpe, le mie divise me le sono sempre comprate da solo. Avevo pure comprato una cartina particolareggiata delle Marche per trovare le strade per arrivare ai campi.
Dall’alto della tua esperienza, consiglieresti ad un giovane di iniziare il corso arbitri?
Consiglio vivamente di farlo, perché fai uno sport e già solo questo è importante. Perché ti consente di stare all’aria aperta e di staccare dagli affanni quotidiani.
Pratichi sport, hai la tessera che ti consente di entrare in tutti gli stadi d’Italia, un piccolo rimborso per ogni partita arbitrata.
Vedi il calcio da un’altra prospettiva, il divertimento è assicurato.
Inoltre entri in una scuola di vita che ti insegna come comportarti.
In questo mondo conosci realtà diverse e stringi amicizie che ti aiuteranno nei momenti di difficoltà.
Matteo Varagona